Martedì, 10 Febbraio 2009 10:27

Sulla religione civile degli italiani

Scritto da  Gerardo

Proponiamo l’autorevole riflessione in merito ad un intervento di Mancuso apparso su "la Repubblica" tempo fa.
A modo di provocante introduzione alla lettura, chiediamoci, con lo stesso Mancuso, se si possa ritenere che per darsi una religione civile in Italia sia il caso che “i cattolici mettano la loro fede al servizio del bene comune”. O se la risultante storica dell’impianto culturale di una ancor cristiana modernità non sia data altrimenti…
Buona lettura!

L’intervento di Vito Mancuso sulla mancanza in Italia di valori guida comuni tocca una questione di grande importanza e di grande attualità. Schematizzando si potrebbe dire che l’Italia non ha una religione civile né tutta laica, come per due secoli l’ha avuta la Francia, né liberal-patriottico-religiosa, com’è diffusa negli Stai Uniti, perché in ultima istanza non ha avuto nemmeno una religione compatta nel suo intreccio tra pubblico e privato, come ad esempio la Germania luterana (che nella sua militanza di fede ha stimolato in tal senso anche la Germania cattolica). In altra sede ho avuto l’occasione di rilevare che ciò che in altri secoli era l’universo religioso, strutturato ordinatamente per zone geografiche, si è trasformato, attraverso l’opera della globalizzazione, in un multiverso, in cui varie forme di appartenenza religiosa attraversano a strisce un’identica nazione e persino quella che è, apparentemente, un’identica religione. Ha fatto bene a ritornare su una questione nevralgica che nella storia italiana, di tanto in tanto, conosce come degli oblii, nonostante il diffuso e costante trasformismo, il pervasivo familismo, la mancanza del termine intermedio fra l’entità collettiva e l’individuo, la costante rimozione del passato. La questione della religione civile si intreccia da una parte col rapporto fra Religione e politica, fra Chiesa e laicità. Nell’economia di questa breve nota, vorrei quindi allinearmi alla sostanza dell’intervento, per dire però che mi ha creato tuttavia delle perplessità la sua terza annotazione secondo la quale “una delle condizioni perché in Italia possa sorgere una religione civile è che i cattolici mettano la loro fede al servizio del bene comune”.
In modo spontaneo mi sono fermato e mi sono sorte una serie di questioni. Qui mi sembra che Mancuso cambi registro e inserisca delle affermazioni in cui prevale la logica del desiderio rispetto al concreto oggetto in esame. Quali cattolici?
Questione. Anche partendo dal patrimonio della memoria storica, alla storia dell’immaginario ai grandi riti, ai simboli, ai miti del secondo novecento, c’è costantemente un pluralismo direi di cattolicesimi e non solo quando si tratta di fare i conti con la realtà storico sociale. Non voglio riferirmi al fascismo, ma all’opzione democratica, alle opzioni socio economiche e alla guerra, alla diversità, all’altro.
Una cosa, infatti, è, per riferirci ad oggi, fare i conti con il cristianesimo che sulla scia di Bonhoeffer, si chiama “cristianesimo post-religioso”, fondato su un’ermeneutica non religiosa della fede cristiana. In un mondo diventato adulto il cristianesimo appare come la religione che rende possibile, paradossalmente, la fuoriuscita dalla religione: dopo aver contribuito al disincantamento del mondo, il cristianesimo ha in sé la capacità di secolarizzare se stesso, dissolvendo quella sua forma occidentale che ha rappresentato una sorta di preambolo ad una totale non religiosità. Una volta superata l’idea del “Dio tappabuchi” (che interviene puntualmente nelle vicende umane), è proprio dove e quando avvertiamo il silenzio assordante di Dio che parla il Dio nascosto della fede.
Insomma, il processo di secolarizzazione è un’opportunità perché il cristianesimo, tornando alla sua originaria ispirazione, si faccia fede, e dismetta l’abito religioso che per secoli l’ha ingabbiato entro le coordinate culturali funzionali ad un ruolo storico e sociale ormai esaurito.
Altro è, invece, il porsi in continuità con la storia politica della religione, in direzione esattamente contraria al moderno orizzonte secolare, delle varie forme di cattolicesimo tradizionalistico.
Esse si presentano, anche, come forma risorgente di un secolarismo devoto (ateo o meno) che finisce con il condizionare le realtà ultime, asservendole alla terra: in quel caso la chiesa, quasi costretta dalle potenze del mondo che le si oppongono, si trasforma in un “organo d’azione” per un nuovo edificio etico-religioso.
Sono convinto che un’effettiva religione civile degli italiani implichi la fine della preservazione dell’identità dei cattolici e il coinvolgimento di ogni cittadino sulla base di un rinnovato ethos della cittadinanza.
(Arnaldo Nesti)
Letto 438 volte
Vota questo articolo
(0 Voti)
Devi effettuare il login per inviare commenti